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Perù


Storia

Prima dell’arrivo degli spagnoli il Perù ha conosciuto importanti civiltà, a cominciare dall’ insediamento dei Chimues al nord e i Nazcas al centro sud ( I sec. D.c). Nel I millennio si affermò la cultura di Chiavin, portatrice di  notevoli invenzioni e applicazioni pratiche della pietra. L’apice dello  splendore pre-ispanico fu raggiunto dagli Incas, i quali fondarono un impero con estensione prevalente nell’America meridionale con capitale Cuzco. La monarchia governante entrò in crisi per problemi economici e sociali, a questo si aggiunse la decisione del monarca Huyana Càpac di dividere il regno in due parti, affidandolo ai due figli.

S’innescò una lotta fratricida, e contemporaneamente i conquistadores sbarcarono sulle coste peruviane, sotto la guida di Francisco Pizarro. Lo spagnolo incaricato di conquistare la regione, sostenne temporaneamente il  secondogenito durante la lotta interna, in seguito decise di assoggettare l’intera regione fondando diverse città, creando nel 1542 uno dei due viceregni creati da Carlo V. L’organizzazione politica fu strutturata in una rigida oligarchia, nella quale la fonte del potere risiedeva nella terra e nel possesso delle miniere.

Il Primo moto indipendentista fu promosso da Josè de San Martìn, il quale proclamò nel 1821 l’indipendenza peruviana, in seguito vi furono divergenze che portarono Simon Bolivar e le sue truppe a intervenire con esito vittorioso. Insediatosi temporaneamente a capo del governo, promulgò la prima costituzione.  Seguì un  periodo di dissidi sociali ed economici che contribuirono ad un quadro politico confuso, di cui si approfittò Andrès santa Cruz, cementando una confederazione con la Bolivia. Tre anni dopo gli eserciti del Cile e i dissidenti peruviani sconfissero i confederati, i due stati riacquistarono la loro individualità. In seguito a discordie a Lima, il generale Ramòn Castilla s’impadronì del potere formando un regime stabile, interrotto dalla presidenza di José Rufino Echenique promotore di una costituzione conservatrice.

Juan Antonio Pezet, presidente dal 1863, fronteggiò l’ultimo tentativo spagnolo di conquista, strinse un’alleanza con Ecuador, Cile e Bolivia portando alla sconfitta del regno dei Borboni. Nel 1871, Lima e Madrid firmarono la tregua e successivamente, nel 1879, il trattato di pace. Entrato in carica il presidente José Balta, vi fu un’apertura verso il capitale straniero, suscitando l’ostilità dei nazionalisti, l’anno successivo Balta fu trovato assassinato. Prese le redini del governo Manuel Pardo, continuando con la linea politica del suo predecessore, stabilì forti legami con finanzieri e imprenditori internazionali, i quali sollecitarono un conflitto con il Cile per cause concorrenziali. Il Perù strinse un’alleanza con la Bolivia, giungendo nel 1879 al conflitto armato, in cui il Cile risultò vittorioso su tutti i fronti. Gli alleati persero parte dei territori tra cui Tacna e Arica. La sconfitta militare gettò il paese a un’instabilità politica ed economica, portando alla formazione di una coscienza democratica. Si formarono due movimenti, uno di espressione marxista, l’altro, riformistico chiamato Partito Aprista, quest ’ultimo ebbe successo  in quanto si riallacciava alle origini storiche della nazione derivanti dagli Indios.

Seguì un periodo di lotta politica tra aprismo e oligarchia civico-militare, che si stabilizzò durante la Grande Depressione fino al 1941, in cui il Perù imbracciò le armi contro l’Ecuador, per il possesso di un’ampia zona amazzonica. La mediazione Statunitense condusse i contendenti alla pace, stipulando un accordo internazionale in cui la maggior parte del territorio in disputa fu assegnata al Perù.