Cile
Storia
Culture indigene
Circa 4000 anni fa, i migranti nativi americani trovarono nelle fertili valli e nelle aree costiere del Cile un luogo adatto per l’insediamento e lo sviluppo. Si annoverano una dozzina di culture amerinde, ma che si possono classificare in tre principali gruppi culturali: i popoli del nord, dediti a una produzione artigianale di notevole livello, la cultura Auricania, insediata tra il fiume Choapa e l’Isola di Chiloé, una cultura prevalentemente agricola e la cultura patagonica, composta da diverse tribù nomadi, dedite alla pesca e alla caccia. L’impero Incas si estende velocemente in quello che attualmente è il nord del Cile, pretendendo un tributo dai piccoli gruppi di pescatori e contadini, ma non sono in grado di estendere una presenza stabile nel territorio.
La colonizzazione spagnola
Il primo europeo ad avvistare il territorio cileno fu Fernando Magellano, che attraversò lo stretto di Magellano nel Novembre del 1520. Ciononostante si ritiene che lo scopritore del Cile sia Diego de Almagro che organizzò una spedizione in Cile nel 1537, ma trovò le terre povere e poco attraenti rispetto all’oro e argento degli Incas in Perù. Non fu l’oro ad attirare i conquistatori spagnoli, bensì la ricchezza agricola dei territori. Gli spagnoli iniziarono a fondare le prime encomiendas incontrando però la forte resistenza dei Mapuche. Valvidia divenne il primo governatore della capitale Generale del Cile. Il suo ruolo gli imponeva l’obbedienza al Viceré del Perù, e attraverso lui al Re di Spagna e alla sua burocrazia. I mestizos, cioè i figli delle unioni tra i colonizzatori spagnoli e le donne indios, ben presto superano numericamente la popolazione indigena Il Cile rimase una dei territori più poveri del Reame Spagnolo: solo nel XVIII secolo ci fu un progresso dovuto alle riforme dei Borboni.
La rivoluzione
La guerra di indipendenza spagnola è parte di un movimento di indipendenza che ha caratterizzato il Sud America, ma che non trovò l’appoggio pieno dei cileni, divisi tra indipendentisti e monarchici. All’inizio del XIX secolo una nuova classe sociale, i criollos (creoli), ovvero gli spagnoli nati in America iniziò a reclamare sempre più autonomia. Intorno al 1820 i moti indipendentisti nati in Sud America si unirono per combattere contro il giogo spagnolo. Simón Bolívar e José de San Martín guidarono le armate di combattenti per la libertà dal Venezuela al Perú e dall'Argentina al Cile, che nel 1818 divenne una repubblica indipendente. Bernardo O'Higgins, figlio di un immigrato irlandese e in precedenza viceré del Perú, fu posto alla guida della neonata repubblica cilena. Al momento dell'indipendenza, il Cile occupava solo una parte dello stato attuale (le province amministrative di Santiago e Concepción) e i confini con l’Argentina e la Bolivia erano incerti. Pur uscendo devastato economicamente dalla guerra d’indipendenza, il Cile si risollevò presto. Il Paese raggiunse rapidamente un certo livello di stabilità politica e di democrazia, che favorì lo sviluppo dell'agricoltura e i progressi nell'estrazione mineraria, nell'industria e nel commercio. La classe operaia, che aveva raggiunto ormai una certa influenza, e quella dei nuovi ricchi sfidarono a questo punto il potere politico dell'oligarchia terriera e i contrasti sfociarono, intorno al 1890, in una breve ma sanguinosa guerra civile.
Il XX secolo
L’apertura del Canale di Panama rese critiche le condizioni economiche del Paese perché eliminò quasi del tutto il traffico mercantile intorno a Capo Horn. Lo sviluppo delle infrastrutture procedette a rilento, anche a causa di una politica poco stabile che vede per la prima metà del XX secolo l'alternanza al potere della destra e della sinistra, senza che alcun governo riesca a consolidare riforme su vasta scala. Solamente negli anni Sessanta i democratici cristiani riuscirono ad avviare con successo una politica di riforme, che si pose come obiettivo il miglioramento del sistema sanitario, di quello scolastico e dei servizi sociali e la soluzione del problema della casa. Queste iniziative, però, misero a repentaglio i privilegi dell'élite conservatrice e furono malviste dalla sinistra più oltranzista. La politica cilena divenne sempre più militante, polarizzata e legata alle ideologie quando, nel 1970, la coalizione di sinistra di Salvador Allende formata da socialisti, comunisti ed estremisti (la FRAP) vinse le elezioni. Allende introdusse radicali riforme economiche, che prevedevano la statalizzazione di molte imprese private e una drastica ridistribuzione del reddito. Presto il paese precipitò nel caos economico, mentre cresceva l'ostilità degli Stati Uniti e le pressioni dei gruppi di estrema destra. Si susseguono numerosi scioperi. L’11 settembre del 1973 il palazzo presidenziale venne bombardato. Allende si suicidò. Un governo militare, guidato dal Generale Augusto Pinochet, prese il controllo della Nazione. Fin dall’inizio il nuovo governo violò i diritti umani: migliaia di persone vennero giustiziate nei sedici anni di regime. Molti cileni scapparono all’estero.
Una nuova costituzione venne approvata da un plebiscito caratterizzato dall’assenza di registri: l’11 settembre del 1980 il Generale Pinochet divenne presidente della Repubblica per ulteriori otto anni. Verso la fine degli anni Ottanta il governo gradualmente permise una serie di libertà, di assemblea, associazione, parola. Il governo lanciò una serie di riforme in campo economico volte ad aprire il mercato a investimenti nazionali ed esteri. Nel 1988 Pinochet uscì sconfitto dal referendum, da lui stesso indetto con l'intento di prolungare la sua presidenza, con una maggioranza di voti contrari del 7%. Nel 1989 il candidato cristiano democratico Patricio Aylwin batté Hernan Buchi, il protetto di Pinochet, ma questa volta il passaggio del potere avvenne pacificamente. Il suo mandato consolidò la democrazia nel Paese. Il nuovo presidente, Eduardo Frei, si assunse il gravoso impegno di riconciliare i cittadini con il loro travagliato passato, sollecitando i tribunali per i diritti dell'uomo e le indagini sul destino delle migliaia di persone scomparse durante la dittatura. Purtroppo, la resistenza opposta dal braccio politico della macchina militare ha ostacolato i suoi sforzi. Frei ha anche lottato per una riforma costituzionale, senza tuttavia riuscire a rimuovere dall'incarico otto "senatori istituzionali" nominati da Pinochet che non sottostanno al voto popolare. Le riforme economiche avviate da Frei hanno comunque alleviato in qualche misura l'estrema povertà della nazione. Il nuovo presidente, Ricardo Lagos, in passato ministro dei lavori pubblici di Frei, è stato il primo socialista a occupare la carica più alta nel Paese dai tempi di Allende; ha battuto l'altro candidato di destra, Joaquin Lavin, con una vittoria risicata, riportando il 51,3% dei voti.
Pinochet, arrestato a Londra nel 1998 su richiesta di un giudice spagnolo con l'accusa di crimini contro l'umanità, ha passato sedici mesi agli arresti domiciliari in attesa di una possibile estradizione in Spagna. La detenzione temporanea del generale ha portato alla ribalta, per la prima volta in decenni, questioni irrisolte. Nel marzo del 2000 il governo britannico gli ha permesso di tornare in patria, dove una corte d'appello ha stabilito che non poteva affrontare un processo causa infermità mentale. Il ricorso contro la decisione di sospendere il processo è stato respinto nel luglio del 2001. In seguito, qualsiasi processo in cui Pinochet fosse implicato veniva cassato a causa delle sue cattive condizioni fisiche e mentali, che tuttavia non gli impedivano di viaggiare anche nei luoghi più remoti del Paese, protetto dalla scorta, per far propaganda alle forze politiche che continuano a sostenerlo. Pinochet è morto nel 2006.
Nel 2005 Michelle Bachelet viene eletta presidentessa del Cile, avendo sconfitto al secondo turno delle presidenziali (con il 53,5% dei voti) il conservatore Sebastián Piñera. Michelle Bachelet si è impegnata a essere il presidente di tutti i cileni, a diffondere un sistema politico basato sulla partecipazione e ad assicurare maggiori garanzie sociali a tutti i cittadini. Nelle elezioni del 2010 il Cile manda in pensione il centro-sinistra della "Concertacion" e si affida a Sebastian Piñera, l’uomo della nuova destra del Paese, imprenditore di successo. Esce sconfitto dal ballottaggio Eduardo Frei, l’ex presidente democristiano. La coalizione tra socialisti, democristiani e radicali, che aveva sempre vinto le presidenziali dal 1989, è riuscita in questi vent’anni a gestire, con successo, la delicata transizione del paese dall’autoritarismo di Pinochet alla democrazia. La destra, invece, era dal lontano 1958 che non vinceva una regolare elezione. Le elezioni del 2017 sono state vinte nuovamente da Sebastián Piñera del Rinnovamento Nazionale, che ha sconfitto Alejandro Guillier del Partito Radicale Social Democratico.